di Salvo Barbagallo
Non sono molte le “voci” che si alzano per porre in attenzione la “perenne” storia dell’immigrazione nel nostro Paese. Quando ne parlano, i mass media nazionale si mostrano ammantati di “buonismo” e sottolineano la necessità della “solidarietà” verso quanti lasciano la loro patria per approdare nelle coste dell’estremo sud dell’Italia. Viene posta in evidenza costantemente una faccia della medaglia, mentre si ignora (volutamente) l’altra faccia, quella che dovrebbe spiegare le “vere” ragioni del flusso continuo di esseri umani verso le nostre sponde, gli stessi motivi della ricca accoglienza a fronte di mezzi di controllo inadeguati o, addirittura (volutamente) inconsistenti. Tante altre cose (purtroppo negative) mostra l’ignorata altra faccia della medaglia: le azioni inconsulte che molti immigrati compiono nelle nostre città, la paura che si sta diffondendo nelle collettività, la permissività che viene adottata dai magistrati allorché devono giudicare chi “viene da fuori” e commette illegalità nel nostro territorio. Più volte su questo giornale ci siamo chiesti il “perché” il Governo italiano sembra “promuovere”, anziché “limitare” questo stato di cose, nella consapevolezza che nessuna risposta convincente sarebbe stata data. Una situazione che si aggrava ogni giorno che passa: a piangerne principalmente le conseguenze è la Sicilia e Lampedusa, trasformate in Capitale dell’immigrazione clandestina. Ovviamente bisogna stare attenti ad adoperare termini come “clandestini”: non solo censura immediata, ma anche reazioni imprevedibili da chi ha la “gestione” di una partita che ha giocatori invisibili.
Gianfranco Gaiani, nel suo editoriale sul giornale online “Analisi Difesa” di ieri (26 settembre 2020 A.D.) denuncia per l’ennesima volta “Bruxelles e Roma spalancano porte e porti ai clandestini”, riportando i “numeri ufficiali” forniti dal competente ministero: Con 23.373 clandestini sbarcati tra inizio anno e ieri contro i 7.035 dello stesso periodo dell’anno scorso Conte e Lamorgese (che in agosto definirono “inaccettabili” gli sbarchi annunciando che saremmo stati “duri e inflessibili”) hanno quasi quadruplicato i flussi in soli 12 mesi di governo, superando a settembre persino il numero di clandestini sbarcati nell’intero 2018 che si fermò a 23.370. Una “competizione” in cui il governo non è più in gara con Matteo Salvini ma con sé stessi. Fermi a circa 4mila sbarchi all’inizio della crisi del governo giallo-verde nell’agosto 2019, i flussi migratori illegali cominciarono subito a registrare forti incrementi per poi esplodere dopo il 5 settembre, quando il leader della Lega lasciò a Lamorgese il Viminale. Da allora i numeri sono cresciuti rapidamente fino a raggiungere gli 11.471 di fine 2019, con quasi 7.500 sbarchi negli ultimi quattro mesi dell’anno contro i circa 4nmila dei primi otto mesi dell’anno. Quest’anno la “performance” del Governo Conte è decisamente più spinta nonostante l‘emergenza Covid giustificherebbe ogni iniziativa di chiusura dei confini che invece restano spalancati a chiunque paghi criminali per venire in un’Italia in cui lo Stato sembra aver cessato di esercitare le sue prerogative.
Gaiani afferma che lo Stato sembra aver cessato di esercitare le sue prerogative. Noi potremmo ipotizzare (auspicando di non cadere in completa “disgrazia”) che è lo Stato rappresentato dagli attuai governanti che esercita le sue prerogative in piena consapevolezza. Che questo “esercizio” esercitato, poi, sia a favore dei cittadini italiani o meno, è tutt’altro discorso.
Resta il fatto – è nostra opinione/convinzione – che i “numeri” ufficiali non corrispondano alla realtà: una conferma è fornita dagli sbarchi nelle coste dell’agrigentino la cui consistenza non è mai stata accertata…
Resta il fatto che la Regione Siciliana e il suo governatore Nello Musumeci – nonostante in possesso degli “strumenti” adeguati forniti dallo Statuto Speciale – nulla può contro la precisa ed espressa volontà dello “Stato” (nel nome di chi lo rappresenta in questo momento) di “promuovere” l’immigrazione, invece di limitarla.